LAURA KIBEL A KAMPALA, COACH DI HICCUP CIRCUS

Un articolo sul Corriere della Sera mi colpisce perché illustra l’attività di un circo in Uganda, sostenuta da un italiano, Giacomo Babaglioni, odontotecnico insegnante presso l’ospedale di Kampala. Lui dedica tutto il suo tempo libero a promuovere la formazione di un gruppo di giovanissimi artisti/acrobati ugandesi. Organizza prove, recluta talenti e propone lo spettacolo negli ospedali, nei riformatori e presso tutte le istituzioni internazionali . “Mi manca l’apporto di un coach italiano”. E’ bastato questo appello per farmi incuriosire, l’ho contattato via SKYPE e abbiamo concordato un periodo. Avrei insegnato il Teatro dei Piedi ai suoi ragazzi. Il tempo di preparare il materiale (valige, nasi costumi e accessori vari), fatte le necessarie profilassi, e sono partita per questa avventura. Con i miei mezzi, il mio scarso inglese e tanto entusiasmo.

 

 

Laura prima e dopo i piedi


Profilo pedagogico


Cenni storici


Stralci dalla Tesi


Stage di piedi


Ironia


Storyboard


Decorazioni

Appena arrivata, tanto per conoscerci, abbiamo fatto insieme lo spettacolo nella sede dell’Ambasciata Italiana,

i ragazzi con le loro coreografie e acrobazie, e io inserendomi con i miei numeri di piedi.
Così i ragazzi hanno visto quello che avrei loro insegnato. Stupefatti e felici si sono messi con disciplina a fare prove, con piedi, mani e ginocchia. Eravamo ospiti d “Insieme si può”, una organizzazione ONG che ci metteva a disposizione un cortile e un piccolo ripostiglio per i materiali. Mi sono resa conto che i piedi degl i africani non sono come i miei, curati e immacolati. Loro non si preoccupano di camminare scalzi o con ciabatte sporche, quindi il primo ostacolo è stato scoprire di che colore fossero le piante dei loro piedi. Dopo lavaggi erano chiari come i palmi delle mani. Mi ha sorpreso la loro agilità e flessibilità….quindi tecnicamente possibile. Il loro “senso del teatro” è di un altro mondo. Per loro è difficile creare una pantomima narrativa. Per fortuna io avevo delle scenette già belle pronte e confezionate con costumi, oggetti e colonna sonora. Io mostravo come si faceva e loro sotto la mia guida, provavano e riprovavano.

 


Un giorno il mio allievo più promettente, Joshua,ha tiratofuori un cellulare ultimo modello e filmato un’intera scenetta.

 

Il giorno dopo la sapeva fare benissimo, lui, col ginocchio.
Ma le esigenze del piccolo Hiccup Circus sono anche educative e sociali, quindi era necessario affrontare temi importanti in modo che lo spettacolo diventasse veicolo di messaggi. Oltre all’igiene dentale, cavallo di battaglia di Giacomo, bisognava parlare di sicurezza stradale, di igiene, d cura dei bambini, di prevenzione all’alcoolismo, e non è facile creare delle scene spettacolari con questi temi. In queste poche settimane molto impegnative tutto quello che avevo imparato nella mia dorata carriera si frantumava di fronte all’umanità ricchissima, e alla povertà materiale di questo circo con pochi mezzi. Fare teatro con niente, vestirsi con niente, divertirsi con niente. Con loro ho condiviso tutto, trasferte con pulmini traballanti, pranzi al mercato, prove sul cemento con logori tappetini di gommapiuma, sempre sotto la supervisione di Giacomo molto più scafato di me e abituato alla realtà africana chiassosa, indolente e infantile.

Messo da parte il timore di insetti, topi, infezioni e pericoli nelle strade fangose e piene di buche, cibo polveroso, ho perseguito lo scopo di lasciare un piccolo segno nella vita di questi giovani, per dare loro una chanche in più.

 
Giacomo mi ha fatto partecipare a diverse manifestazioni promozionali, ricordo lo spettacolo fatto per una associazione internazionale  

di donne impegnate nel sociale, che ha fruttato un ingaggio a pagamento (sempre devoluto per il circo).
Si trattava di festeggiare l’inaugurazione di un negozio, con tanto di buffet e invitati eleganti. Era un negozio di sanitari, mi sono esibita in mezzo a vasche da bagno, lavandini e bidet, ottenendo comunque un grande successo.

Poi c’è stata l’avventura dello spettacolo al riformatorio, una trasferta che sembrava la Parigi/Dakar in una località lontana da Kampala. Lì ho toccato con mano la realtà locale, centinaia di bambini raccolti in uno spazio rurale, con parametri di igiene e cura difficilmente immaginabili.

Penso di aver lasciato qualcosa a Hiccup Circus del mio bagaglio professionale. Allo stesso tempo questa esperienza di “coach” mi ha arricchito enormemente, rimettendo in discussione valori, talento e fortuna.

 

Giacomo Babaglioni ha riunito in questo libro pensieri, curiosità e aneddoti frutto della sua ventennale esperienza africana. Con lui ho condiviso brevemente l'investimento umano e artistico di Hiccup Circus.

 

 


 
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